GENITORI-FIGLI-MAESTRI, TRINOMIO DA BRIVIDO!

Il periodo di stop forzato si presta alle letture ed è favorevole alle riflessioni, una su tutte merita nuovamente spazio su questo portale, quella riguardante il rapporto tra Maestri-genitori e allievi. L’argomento che ho sviscerato sulla mia pagina facebook una quindicina di giorni orsono, trova motivo per essere nuovamente trattato dopo l’ultimo siparietto andato in scena un paio di mesetti fa (nell’occasione diede di matto un papà cretino). La scenetta, ancora ben impressa nella mia mente, offre gli spunti per mettere sulla graticola certi modus operandi. Più che altro, su queste pagine, mi piace cercare le responsabilità delle piccole grandi catastrofi che si realizzano sui campi e allora analizzo, come è ormai è abitudine, la mole di errori che commettiamo noi tecnici e quella dei genitori perché proprio questo “concorso di colpe” si rivela pericoloso detonatore nel processo di crescita dei nostri ragazzi.

Il mio approfondimento parte proprio da quei tanti sketch disgustosi come quello di cui facevo accenno in overture: una volta erano limitati ai tornei under 16 e under 14, ora purtroppo ci vengono propinati con largo anticipo sulla “tabella di marcia”. Nelle domeniche del  FIT junior program o in altre occasioni, dove il comun denominatore dovrebbe essere il solo divertimento, troppo spesso registro scene di tifo esasperato e di ogni altro condimento al fanatismo che è al limite della censura. Questa escalation di rincoglionimenti da parte di mamme e papà, dovrebbe essere analizzata con grandissima attenzione mentre, invece, preferiamo spesso far finta di niente perché la nostra “bramosia di vittorie”, legittima e giustifica qualsiasi atteggiamento (sui generis) di figli e genitori.

Che alcuni papà (buona parte) siano vittime inconsapevoli di frustrazioni, è cosa acclarata, lo spiegano bene sociologi e psicologi  ma il problema è che ci mettiamo del nostro e qui si fonda il nocciolo del mio discorso: Non appena i bimbi tirano due palle in più di là (dico due) si scatena il finimondo perché a quel senso di rivalsa del genitore-coglione che è stato un fallito dello sport trentacinque anni fa e che vuole adesso proiettare la sua voglia di successo nelle giocate del figlio, si aggiunge quella percentuale di colpe (nostre) di cui vi parlavo in apertura.

Un primo errore che commettiamo – specie qui da noi – è quello di contribuire a rendere questo tennis ad appannaggio di pochi. E’ il tennis patinato che aimè produciamo quando continuiamo a mantenerci lontani sia dalle linee guida della Federazione che da quelle ben più rassicuranti che afferiscono allo sport (sano). Succede, ad esempio, nell’ambito delle varie selezioni che operiamo in vista dei campionati a squadre dove secondo me sarebbe opportuno prestare maggiore attenzione: raduni o manifestazioni che portano inevitabilmente a scegliere, a preferire e ad escludere, accentuano gli effetti di quel maledetto “vortice” in cui vengono risucchiati genitori, specie quelli stupidi.  Alimentiamo, con un colpo solo, la coscienza del “tieniti forte, sali sulla giostra…che tra qualche anno tuo figlio sarà fortissimo” il che porta l’ignaro genitore al manicomio e noi con lui! Dovremmo evitare di lasciare a casa i due “esclusi”, di farli sentire “non idonei” e di acuire così la sensazione dell’esclusione. Capisco l’esigenza dei tecnici lombardi o di quelli toscani i quali, per forza di cose, si vedono costretti a selezionare laddove sia i numeri, sia l’effettiva varietà di livelli tecnici, giustificano appieno qualsiasi scelta operata rendendola tutto sommato digeribile. Riesce invece arduo, qui da noi, spiegare agli unici genitori dell’escluso, una decisione che ha più il sapore di una bocciatura, che difficilmente trova appiglio sui reali valori tecnici e che proprio sulla base dei numeri bassissimi che abbiamo, è pedagogicamente inaccettabile! Con sole sei scuole tennis attive, dovremmo, semmai, far fronte comune sul discorso inclusione e solo in un secondo momento (probabilmente tra anni) operare selezioni, perché la panchina (o la tribuna) puoi provare a spiegarla a Matteo Berrettini o a Camila Giorgi, non di certo ad un bimbo di sette anni. Ma c’è dell’altro: la selezione operata in Molise e non ben spiegata, porta per l’appunto i genitori dei figli “fenomeni” a sentirsi già in orbita e quelli del bimbo escluso ad andare a fare l’iscrizione a scuola calcio o al mini-volley! I fanatici esacerbano i loro malesseri quando c’è qualcuno al loro fianco che getta benzina sul fuoco ed è assurdo che quel qualcuno debba essere un professionista dell’educazione.

E’ chiaro che le selezioni rappresentano solo un capitolo oscuro del libro; le altre pagine, per fortuna, sono più leggibili ma se impariamo a prestare maggiore attenzione, riusciremo forse ad aggiustare anche questa parte del testo a renderlo bellino in toto e riusciremo contemporaneamente a frenare questo stravolgimento di sani valori in cui troppo spesso viene meno il rispetto (non ultimo quello dei ruoli).

Il FIT junior program quando accentua la differenza di livelli (non tanto quelli realmente espressi in campo ma quelli percepiti dal genitore) non è che l’inizio dello spettacolo avvilente che segue negli anni successivi. Certo non è sempre così ma di sicuro non intervenire per tempo significa creare false aspettative e gettare le basi per un tennis malsano. In buona sostanza il periodo che va a cavallo tra il FIT junior program e i tornei Kinder (ma allergherei anche a quelli di macroarea), non è altro che un primo step delicatissimo nel quale è probabilmente giusto spostare il baricentro della nostra azione verso il perfezionamento ma senza che questo coincida con l’inizio del caos più totale!

Nell’ottica di una reunion (così l’ha voluta chiamare l’amico Franco De Santis del PRIMO NUMERO) spero di richiamare su questi temi l’attenzione dei tanti miei colleghi. In particolare mi auguro di riuscire a ricoinvolgere i tecnici che purtroppo da anni hanno gettato la spugna e che così facendo hanno lasciato campo aperto a strafalcioni ed errori (orrori). I più clamorosi sono quelli che scaturiscono dalle attività regionali che vengono portate avanti da pochissimi volenterosi e non da tutti. Credo ciecamente che la possibilità di sbagliare è più elevata quando si delega o peggio si abbandona e si “lascia fare” ai due o tre di fiducia. L’unione o una convention di maestri che operano in sinergia, è l’unica cura per rimettere il nostro tennis giovanile in carreggiata. Quando dunque  i maestri che ho riunito per il video anti-Covid, riusciranno a trovare stimoli giusti anche per provare ad eliminare il fango che continuo a raccontare in queste righe, potremo forse contare su un gruppetto di validi e promettenti giovani tennisti che andranno a regalarci soddisfazioni anche fra dieci o quindici anni piuttosto che accontentarci dell’unico talentino che lascerà a bocca aperta mezza Italia ma che andrà spegnendosi in un paio di stagioni…

Con i genitori, invece, sostengo che il confronto debba essere continuo, all’insegna della serietà professionale e dell’onestà intellettuale ma sono assertore della tolleranza zero con gli idioti che  – specie la domenica mattina – nelle tappe de  FIT junior program, vengono a romperci i coglioni e a mostrarci i muscoli senza un perché…

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