Ammetto che il buon Marco non era uno di quelli per cui direi “ci vorrebbe un libro per descriverlo”. Lo conobbi all’inizio di una delle gestioni deliranti che a fatica provo a dimenticare ma non è stata una frequentazione da amici del cuore. Per dire: non avevo neanche il suo numero di cellulare. Eppure fu legame forte, quel suo dialetto sguaiato mi riportava sempre al mio periodo adolescenziale speso a Piazza San Francesco che non era proprio un posticino d’elite ma senz’altro oro rispetto alla zonaccia dove era cresciuto lui. Marco, portò nel mio club patinato un grosso velo di simpatica sconvenienza: mi ricordava tanto Celentano nella scena del pranzo di gala con principi e conti (del film “Innamorato pazzo”) o anche il il più attuale Siani nei tanti siparietti del “Principe abusivo”. Era insomma quasi sempre abbastanza decontestualizzato tra figli di papà, ingegneri e dottori e quel suo modo stralunato e sbarazzino di interfacciarsi con questi soci plurilaureati dell’A.T, mi faceva tanto sorridere. Ovviamente i momenti migliori che conservo nella memoria sono quelli che ci ritagliavamo per il calcio. I temi predominanti, oltre a qualche divagazione galeotta che non sto qui a raccontare, erano due: l’Inter e il Campobasso. Avere due passioni in comune non è roba da poco, ti porta a snobbare il resto (anche l’essenziale) e a unirti per l’eternità “Brozovic e Conte z’nnana’i…. però quiss ann u v’ncem nu!”, “Maronn quann e fort s’u Campuasc!’” questi, tanto per darvi un’idea, erano gli slanci di Marco. Gli stessi con cui mi salutò un venerdì sera di ottobre. Non lo rividi più. Ho sventolato per lui il mio bandierone neroazzurro una quindicina di giorni fa e guarderò in alto il prossimo nove giugno se il Campobasso dovesse farcela a centrare la C.
Pippo (Morrone) è stato bravo a dedicare a lui un Open. Non era facile incastonare un secondo evento dopo quello messo in scena a fine estate. Il resto lo hanno fatto gli amici di Campobasso che hanno onorato quasi in massa l’appuntamento (voto 10 a chi ha partecipato). Due le cose che non ho gradito: qualche nostra disattenzione nei confronti dei tennisti impegnati nei primi turni e la finale non proprio bellissima.
Cronaca: l’ha spuntata ovviamente Fabrizio (Perrella) in finale contro Vittorio Berzo. I due hanno avuto vita, per certi versi, non proprio facilissima nelle rispettive semifinali. Deludente Albertone Mastrangelo. In campo femminile una specie di paradosso in finale. Pensate, ha vinto una siciliana che ha scelto Campobasso per migliorare. Si chiama Beatrice Guccione e di lei ne ha parlato persino RAI tre. Beatrice ha vinto contro Ludovica Ciampitti che invece è molisana d.o.c. e ha scelto un club del beneventano per allenarsi.
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